Camilla Baron inizia il suo percorso artistico da giovanissima approcciandosi al mondo della Cultura Hip Hop e praticando il Graffiti Writing con lo pseudonimo “Keibi”, per poi arrivare alla pittura e all’utilizzo di vari altri linguaggi espressivi tra cui la scultura tessile, l’installazione e la performance. Ha realizzato progetti artistici in carcere e nell’ambito dell’intercultura. Dopo aver vissuto e lavorato a Venezia, Milano e in Senegal, paese che ha influenzato molto la sua vita privata e la sua produzione artistica, è tornata in Valbrenta (provincia di Vicenza), la sua terra natia, dove è artista e mamma di due bambini.
La morbidezza e la fragilità dei cuccioli
ci procurava la medesima, intensa sofferenza.
Nabokov, Lolita.
La mia ricerca attinge allo studio degli archetipi dell’immaginario, e segue due filoni complementari: da una parte il simbolismo del mondo animale, dall’altra la scrittura manuale.
Scelgo animali fiabeschi, che stanno a metà tra la fragilità e la tenerezza quasi infantili e una potenziale aggressività. Essi non sono legati alla natura quanto alla cultura, sono infatti simboli, totem, si rifanno alla mitologia, ai racconti e all’immaginario umano, e di questo umano sono espressioni.
D’altro canto, la scrittura nel mio lavoro ha a che fare con l’istinto, è una traccia generata in un momento sacro di autoaffermazione, intimo e dirompente allo stesso tempo. Si tratta di un atto fisico, proprio del corpo e di tutta la sua emotività immediata e convulsa.
Tutto il mio lavoro ha a che fare con il desiderio come energia che muove il processo creativo e l’incontro tra le persone. Nelle opere condivise questo aspetto, così come quello legato al simbolismo e agli archetipi, è di fondamentale importanza.