“La morbidezza e la fragilità dei cuccioli
ci procurava la medesima , intensa sofferenza.”
Nabokov V., Lolita, Adelphi Edizioni, Milano 2007; p. 21.
Il protagonista di questa serie di lavori è soprattutto il diavolo della Tasmania: lo rappresento da solo, con la bocca spalancata come se stesse urlando, oppure in coppia, in atteggiamenti che stanno a metà tra una lotta e un disperato tentativo di abbraccio. Le immagini nel complesso non sono violente, ma rese misteriose dalla prevalenza di toni scuri e dalla brulicante presenza di macchie sulla tela. Un tocco ironico è dato dall’uso dell’inflazionato ma efficace simbolo del cuoricino, elemento divertente che, proprio per la sua banalità, appare rassicurante e quindi in contrasto con l’atmosfera dell’immagine. Le immagini sono rese sottilmente inquietanti mediante la dissoluzione, la deformazione o l’occultazione di alcune parti: ottengo così delle creature quasi ectoplasmatiche, a metà tra l’essere indifese e l’essere aggressive.
La tematica principale del mio lavoro infatti è sempre stata quella concernente il rapporto tra tenerezza e potenziale violenza. I cuoricini, simbolo per eccellenza dell’amore tenero, si confondono fra le macchie che costellano la superficie dipinta, sembrando talvolta gocce sanguinolente; gli animali hanno per lo più l’aspetto di cuccioli, ma hanno caratteristiche mostruose come fauci spalancate od occhi mancanti. In alcuni quadri mi diverte inserire, oltre ai cuori, altri elementi improbabili, come un anello di fidanzamento, degli aerei caccia o del pizzo.