Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
Terenzio
Intinse la penna nell’inchiostro, poi ebbe un attimo di esitazione.
Tremava fin nelle viscere. Segnare quella carta era un atto definitivo, cruciale.
G. Orwell, 1984.
“Segni-di-sé” è il progetto di terapeutica artistica da me ideato e condotto all’interno del Quarto Reparto a Trattamento Avanzato della II Casa di Reclusione di Milano –Carcere di Bollate (sezione maschile), che ospita detenuti prevalentemente giovani, che studiano o svolgono attività lavorative all’interno dell’istituto di pena. Non si è trattato di un laboratorio tradizionale, dove vengono insegnate tecniche, quanto di una fucina creativa in cui ciascuna opera è nata grazie al lavoro delle mani di tutti i partecipanti (detenuti e ragazze), ed è perciò un’Opera Condivisa.
Si è partiti dalla scrittura manuale e dal presupposto che essa non è solo una serie di segni grafici che indicano suoni e che portano un significato prestabilito, ma è anche gesto che coinvolge il corpo e che libera idee ed emozioni. Ciascuno ha infatti lasciato tracce del suo passaggio: una parola, una pennellata, un graffio, un’impronta, uno schizzo di colore. In questa serie di lavori condivisi, segni liberi e casuali si incontrano e si scontrano caoticamente con quelli altrui, generando forme astratte o visioni fantastiche; frasi che si scompongono diventano poesie; colature, gocce, fili, lettere e parole si intrecciano formando tessuti e nuove superfici. Ogni sabato è stato creato qualcosa, per poi distruggerlo e ricrearlo dandogli nuove possibilità; il tutto con voglia di giocare e lasciarsi sorprendere. In tutto il percorso sono state sperimentate fasi di con-fusione e distruzione, in cui l’individualità di ciascuno veniva inghiottita, e fasi di con-divisione, in cui veniva ridata struttura al caos e ciascuno si riconosceva nel proprio intervento. Nonostante il progetto iniziale prevedesse solo la pittura, la bravura e l’entusiasmo dei partecipanti ha permesso di spaziare e di toccare vari linguaggi dell’arte contemporanea.
Esporre i frutti del nostro lavoro in uno spazio esterno all’Istituto di pena, più precisamente in uno spazio della città, ha fatto in modo che questi “segni di noi” comunicassero davvero con il “fuori”.
Alla base di questo progetto c’è la convinzione che l’arte ha a che fare con il nostro essere umani, e permette la comunicazione fra il dentro e il fuori, non solo dal carcere come in questo caso, ma anche fra il dentro e il fuori di ciascuno di noi. Tutti infatti abitiamo in prigioni più o meno inconsapevoli, tutti abbiamo i nostri muri, e l’arte è una delle armi più potenti che ci è stata data, se non per liberarci, per guardare oltre.
Il filo di Arianna (Ariadne), che è logos, conduttore, linea-scrittura e linea di congiunzione fra dentro e fuori, collega tutto il lavoro e viene esplicitato nel video conclusivo.
Un ringraziamento particolare a Valentina Camito, Sara Falduto, Kim Heesu, Martina Pini ed Elisa Rodolfi! Gli altri ringraziamenti alla fine del video!
Ariadne è il lavoro che riassume le tematiche affrontate nel laboratorio e ne rappresenta la conclusione ma anche il collegamento con l’inizio. Si divide in due momenti: la realizzazione della colonna sonora e il video.
Per prima nasce la colonna sonora. Con la collaborazione di Raffaele “H.C. Rebel” Proietti, turntablist ed esperto in ingegneria del suono, è stato possibile registrare le voci dei ragazzi nella sala musica del Quarto Reparto. Ciascuno era libero di contribuire come preferiva: chi recitando, chi leggendo una frase, chi cantando, chi improvvisando, chi suonando un brano al pianoforte. In un secondo momento, in studio, suoni e parole sono stati tagliati e ri-mixati fino a creare un suggestivo e a tratti inquietante susseguirsi e sovrapporsi di voci.
La seconda parte del lavoro è costituita dalle riprese video, realizzate in collaborazione con Five Points Studio di Michele Bresolin e ispirate al mito del Labirinto. Il Labirinto è un’immagine che ci parla del rapporto dentro/fuori. Esso ha a che fare con le viscere, con un dentro simbolico. Infatti se da un lato “rinchiude e imprigiona, dall’altro segna un percorso, indica un tracciato” ed è quindi un “luogo da cui si può uscire”. La sua funzione è quella di celare un mostro che va cercato, affrontato e com-preso. Arianna-Ariadne-Aracne è signora del Labirinto e presiede ai riti iniziatici che prevedono un’entrata “dentro” e una ri-uscita simboleggiata dal filo, che nel video è rosso in quanto sangue, energia, flusso. Ella collega il mostro all’eroe, in una vicenda in cui in realtà il mostro è un dio e l’eroe è malvagio, sleale e bugiardo. Dentro il labirinto dunque ci sono sia il Teseo spregevole che il mostro-Dioniso, dio della trasformazione e della rinascita. È lì che avviene la cre-azione, è lì che inizia la nuova vita, più libera e più consapevole. Arianna, che i romani chiameranno proprio Libera e che nel suo nome contiene la libertà dell’aria, attende dunque un eroe sulle soglie e sui ponti (luoghi di passaggio) con questo filo che è logos, comunicazione e relazione (con gli altri ma anche con noi stessi, con gli eroi e i mostri divini che abitano la nostra psiche). Solo una volta compreso chi siamo e chi potremmo diventare, una volta incontrato il nostro Minotauro, sarà possibile ri-uscire dal Labirinto e ed esprimere se stessi consapevolmente e positivamente.
Citazioni da: Ieranò G., Arianna – Storia di un mito, Carocci Editore, Roma 2010.
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